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Neuromarketing in vetrina

Come creare vetrine che coinvolgano il consumatore? Il post è dedicato ad un tema formidabile per un visual merchandiser: il  neuromarketing.  E’ sempre più difficile leggere i comportamenti dei consumatori.  I tradizionali strumenti non bastano più. In questo articolo condivido i contributi che le neuroscienze, offrono al visual merchandising, nella creazione di vetrine coinvolgenti ed emozionanti.

Cosa imparo, insegnando.

E si andare ad insegnare, specie se il livello dei corsi e dei partecipanti è molto alto come nelle attività di Retail Institute Italia , è per me sempre occasione di grandissimo scambio e opportunità per fare  nuove ricerche. Chi mi conosce sa che il tema neuromarketing , come le neuroscienze indagano i comportamenti ,  mi appassiona molto , a cui ho già dedicato un post.

Mettiamo al centro le emozioni dei clienti.

Le  emozioni al centro, perchè sono queste che determinano le nostre scelte come esseri  umani prima e poi clienti. Non abbiamo a che fare con consumatori, ma essere umani. Con i loro sensi, emozioni, comportamenti.  Io insisto moltissimo nei miei “speech”, training, docenze,  insomma  ovunque su questo tema, e il neuromarketing aiuta a comprendere. Ecco  due esempi:

  1. Dentro un mall, che non conosciamo i nostri sensi  sono all’erta e possiamo sentirci disorientati e persi.
  2. Dentro un negozio piccolo con un’alta densità espositiva ci sentiamo oppressi e non vediamo l’ora di uscire.

Come animali persi e iperstimolati ci muoviamo in una giungla metropolitana. Per sopravvivere,    leggiamo il mondo attraverso i sensi .

Il nostro cervello elabora con una velocità impressionante moltissime informazioni. La presa delle decisioni per il 90-95 per cento avviene a livello inconscio, compresa quella davanti ad una vetrina di entrare o no in un negozio. Allora cosa possiamo fare? Capire e fare ricerca, a partire dal neuromarketing.

Neuromarketing in vetrina

Vetrina Valentino Milano. Il movimento dei manichini.

Fare la vetrina con il neuromarketing

I tips che vi propongo sono per buona parte tecniche che i visual merchandiser mettono già in pratica, empiricamente, ma le motivazioni possono aiutarci a sostenere scelte nell’allestimento. Ecco come applicare il  neuromarketing in vetrina:

1) Semplicità. Il visual merchandiser sa che una vetrina, troppo carica di elementi non attrae, non vende. Perche? Impegna troppo le nostre facoltà cognitive.

2) Forma e colore . Il colore, i contrasti di colore, attirano  istintivamente. Il colore è il primo elemento,  che riconosciamo, poi le forme e poi i numeri e le parole. Per la nostra sopravvivenza, quando prima di essere animali persi in giungle d’asfalto, abitavamo boschi e foreste  riconoscere subito il rosso, colore del sangue, ma anche della frutta matura era essenziale.  Il  rosso è il colore che riconosciamo nel tempo più breve.  Allora? Sono più impattanti vetrine che giocano con i contrasti di colore, inoltre favorisce la leggibilità del prodotto. A  livello di forme funziona molto bene anche il contrasto tra oggetti piccoli e oggetti grandi. Utilizzando il “fuori scala” possiamo rimpicciolire oggetti grandi, una macchina diventa una vetrina di tante macchinine. O ingrandire, una vetrina con la scenografia di un oggetto piccolo, come un orologio ingrandito crea interesse e attenzione.

3) Il potere del movimento. In poco frazioni di secondo,  registriamo del movimento. Immaginate di vedere qualcosa dentro un cespuglio, sarà un serpente, o qualcosa da mangiare? Questo il pensiero veloce dei nostri antenati. Quindi vetrine con elementi scenografici,   che si muovono,  persone in vetrina,  vetrine digitali. Se non avete tutti questi elementi o lo spazio adatto,  create con le tecniche che il visual merchandiser usa: come un  display che suggerisca il movimento. Le pose e disposizioni dei manichini per esempio. Oppure giochi di forme e colori,  anche qui l’arte viene in soccorso del visual merchandiser, pensate ai quadri di Balla e Boccioni o alle illusioni ottiche e percettive.

4) Il fattore umano. Il viso, una sagoma catturano immediatamente. Vi siete chiesti come mai stiamo tornando a manichini sempre più antropomorfi, spesso anche con visi, trucco e parrucco. Certo può essere una moda ma vista dal punto del neuromarketing possiamo dire che la figura umana acchiappa sempre. Il viso è il primo elemento che riconosciamo da piccoli. Quindi ha un potere incredibile, questo vi può aiutare nella scelta dei manichini.  Anche la direzione dello sguardo ci influenza,  infatti, degli esperimenti hanno verificato che se vediamo una modella che in una campagna guarda in una direzione, la  seguiamo. In vetrina attraverso la disposizione dei manichini, ad esempio girando le teste possiamo portare l’attenzione verso l’interno del negozio, o verso un display.

5) La ripetizione e la familiarità. Nei miei corsi, visto che sono un’appassionata lettrice di gialli, cito il personaggio di Hannibal Lecter, ” desideriamo, quello che vediamo”, oggetti che abbiamo più volte sotto gli occhi, ripetuti diventano oggetti del desiderio. Il visual merchandiser sa che per vendere un prodotto, questo vale in tutti i settori, questo deve essere visto prima di tutto, anche più volte.  Meglio se in porzioni di spazio diverse, in vetrina, in un punto display interno, nella comunicazione.  Magari dopo averlo già visto nella campagna media. Sono buoni esempi di questo,   da marchi come Diesel o Nike, che praticano con assoluta coerenza la ripetizione di un pay off, un‘immagine: dai media al negozio.

il colore attrae

Krizia Milano. Contrasto di colore e stampa animalier, iconico del brand.

Per finire

Il neuromarketing aiuta i visual merchandiser, che spesso sono visti dalle altre funzioni aziendali come degli esteti,  impallinati con la cura dei dettagli a sostenere scelte e richieste, magari un budget più alto per cambiare i manichini o alleggerire una vetrina, una parete per renderla più leggibile. Io sostengo che il visual merchandising è uno strumento per raggiungere obiettivi di immagine e commerciali assecondando il modo  naturale di vedere delle persone, comprendendo i loro comportamenti nello spazio. Ogni scelta va poi misurata e proprio a questo dedicherò il mio prossimo post. Per essere sempre aggiornato, seguimi  anche su Instagram.

 

 

 

 

Manichino, protagonista creativo.

Il manichino è un prezioso alleato del visual merchandiser.  A Palazzo Pucci,  durante la scorsa edizione di Pitti Immagine  Uomo, è stato presentato uno straordinario  percorso creativo. I protagonisti sono stati  due marchi storici Made in Italy: Emilio Pucci e Bonaveri. In questo post la descrizione dell’evento , dove i  manichini sono diventati gli  attori principali.

Il percorso e la location a Firenze

Il percorso si è articolato in tutta l’ampiezza di Palazzo Pitti,  dove sono stati esposti dal 12 al 15 giugno  abiti, oggetti, figure ed istallazioni delle due Maison, Bonaveri e Pucci, un tratto in comune : la ricerca di un’estetica perfetta.  L’esposizione è un progetto di Emma Davidge -Creative Director di Chameleon Visual. Questa mostra mi ha davvero ispirato a ripensare al manichino, argomento di uno tra i miei primi post.

Manichino fuori scala

Il manichino gigante all’inizio del percorso. Foto Lapo Quagli

 

Protagonista : il manichino.

Il manichino è protagonista a partire dalla partenza del percorso: il Cortile Centrale con l’Emilio Bar. Una serie di manichini di archivio degli anni 70 sono stati decorati con i colori della stampa “Vivara“,  icona di Emilio Pucci. Un manichino alto 6 metri, un gigante domina la scena.  Spettatori di una sfilata al secondo piano sono 57 manichini colorati con la scala  Pantone di Pucci, 31 colori. Indossano accessori provenienti dagli archivi della Maison. Il Salone Balcone è invece caratterizzato dal bianco e nero, per contrasto. Qui si trova un’istallazione : un caftano animato da 2 ventilatori. L’installazione simboleggia il senso di libertà e leggerezza,  che animava le collezione di Emilio Pucci. I temi decorativi dell’Universo di Emilio Pucci, vanno in scena nella Sala Bianca , 5 manichini protagonisti di istallazioni esaltano i materiali iconici della Maison:

  • paglia
  • frange
  • rouches
  • perle
  • acconciature particolari.

L’artigianalità e la creatività sono un tratto comune tra Bonaveri e Emilio Pucci, infatti al piano terra del Palazzo trova posto un percorso tra Sala del Taglio, del Cucito e il Laboratorio di Decorazione.  Ultima tappa è  lo studio di Emilio Pucci, dove i manichini a misura bambino , indossano la collezione bimba. Qui sono anche esposti  oggetti personali, disegni e schizzi del grande stilista.

Manichini colorati

Galleria di manichini con accessori Emilio Pucci. Foto Lapo Quagli.

Il visual merchandiser, una definizione.

Mi ha molto colpito quanto ha detto Andrea Bonaveri a proposito di questo progetto: ” L’artigianato artistico che dimora in imprese come Pucci e Bonaveri e che si esprime nella capacità degli uomini e donne di costruire centimetro per centimetro la bellezza è il vero protagonista della nostra mostra”. Uomini e donne,  che costruiscono centimetro per centimetro la bellezza , ecco questo è il lavoro dei visual merchandiser. Ogni giorno , tutti i giorni ,  I visual merchandiser , spostando un’attrezzatura espositiva e liberando un percorso, orientando un faretto su un manichino, attaccando con cura una vetrofania in vetrina , centimetro per centimetro costruiscono bellezza , o ci provano… A tutti e tutte costruttori e costruttrici di bellezza auguro  una splendida estate .

Foto di Lapo Quagli